Ministranti
I Ministranti
Nelle celebrazioni liturgiche ci sono diversi ruoli:Celebrante, Diaconi, Cantori, Lettori e noi Ministranti.
I Ministranti servono la messa compiendo tutte quelle azioni che la rendono una festa per i cristiani:
apparecchiare l'altare, portare l'incenso, tenere le candele, le torce e cosi via.
Fare il ministrante non è solo servire l'altare ma anche comportarsi secondo il Vangelo del Signore a scuola, a casa, nello sport; essere di esempio con i compagni e gli amici, insegnargli il Vangelo; compiere buone azioni con le persone più bisognose; insomma avere un comportamento conforme all'insegnamento del Nostro Signore.
La figura del Ministrante | San Domenico Savio |
I Valori del Ministrante | San Tarcisio |
La Preghiera del Ministrante | Calendario |
Il Ministrante è un ragazzo/a che serve durante le celebrazioni, affinché la liturgia sia più solenne, e l’assemblea possa parteciparvi meglio. L’attività del Ministrante diventa un modo concreto per vivere la vocazione battesimale.
Papa Paolo VI si è rivolto a un gruppo di chierichetti definendoli: “Voi siete strettamente associati al sacrificio eucaristico di cui dovete approfondire il significato teologico, spirituale e rituale. Voi siete collaboratori del sacerdozio ministeriale, al quale portate un aiuto prezioso. Voi svolgete un vero ministero liturgico insieme con i lettori, i commentatori, i cantori”…
I valori del Ministrante sono: Amicizia, Competenza, Esempio, Fedeltà e Gioia.
Amicizia: la prima qualità del Ministrante è un forte spirito di amicizia, (Gesù ci ha chiamato amici). E’ importante che nel Gruppo Ministranti ci sia uno spirito di amicizia, che si stia bene insieme, che ci si voglia bene. Essere amici ci aiuta anche ad essere uniti e ciò migliora il nostro servizio ci si capisce, ci si aiuta, si costruisce qualcosa di buono.
Competenza: è saper fare al meglio il proprio servizio. Il Ministrante sa cosa deve fare e quando farlo, perché sa che un buon servizio è un offerta a Dio e un regalo a tutta la comunità cristiana. Tutto ciò non significa che il Ministrante sa tutto, ma può capitare di non sapere come comportarsi in una situazione o dimenticarsi qualcosa; è in queste situazioni che il Ministrante chiede, s’informa, senza vergogna o paura. Chiede a chi ne sa di più (responsabili) ed impara. La competenza non scende dal cielo come dono, è necessario imparare, provare e pian piano si diviene competenti nel proprio servizio.
Esempio: Il Ministrante è un esempio per tutti se compie bene il suo servizio. Essere di esempio non significa mettersi in mostra, farsi vedere per vantarsi. Si è di esempio quando si compie bene il proprio servizio; ma l’esempio non finisce sulla porta della Chiesa, anche nella vita di tutti i giorni il Ministrante si comporta come chi ha posto al centro della propria vita e del proprio interesse Gesù e gli altri.
Fedeltà: è la qualità principale del Ministrante. Fedele è colui che è capace di assumere gli impegni e svolgerli. Rispettare i turni partecipare alle riunioni è una forma di fedeltà e di rispetto degli altri. Essere fedeli è un impegno che richiede la capacità di portare qualche peso. Facile è servire alle Messe solenni, più difficile essere presenti con costanza ad ogni messa o a quelle in orari più disagevoli.
Gioia: il Ministrante vive nella gioia che non è la semplice allegria, ma è il sapere che Gesù ci vuole bene, sempre anche quando sbagliamo. La gioia nasce dal cuore e dal sapere che la (nostra) vita è bella, perché è dono di Dio, perché siamo figli di Dio consacrati a lui nel battesimo. Il Ministrante vive di questa gioia ed è contento di servire il Signore, che è suo amico e maestro nella gioia e cerca di portare questa gioia a tutti.
Signore Gesù,
che ci chiami ad essere Ministranti
per il servizio liturgico nella nostra parrocchia,
fa’ che il Tuo Spirito illumini il cammino della nostra vita.
Donaci il tuo perdono, la tua pace e la tua gioia,
fa’ che ascoltiamo la tua Parola con docilità e disponibilità,
come Maria, Madre della Chiesa e di tutti noi Ministranti.
Rendici capaci di testimoniarti
nella fede, nella speranza e nell’amore dovunque tu vorrai.
Sostienici con il Tuo Spirito
perché possiamo scoprire la nostra vocazione,
e viverla con entusiasmo, vincendo ogni pigrizia, noia e tristezza.
Ti chiediamo di Benedire noi e tutti i ministranti del mondo,
lo chiediamo a Te, che vivi e regni nei secoli dei secoli. Amen.
Domenico Savio, nacque a San Giovanni di Riva, presso Chieri (Torino) il 2 aprile 1842.
Fin da piccolo aveva molto chiara la chiamata a seguire Gesù.
A dodici anni fu accolto da don Bosco nell'Oratorio di Torino.
Proprio sull'esempio di don Bosco desiderava dedicarsi all'insegnamento e all'educazione dei giovani.
L'8 dicembre 1854, la proclamazione del dogma dell'Immacolata da parte di Papa Pio ix, spinse Domenico, già devotissimo a Maria, a consacrarsi alla Madre Celeste.
Nel 1856 fondò tra gli amici, per un’azione apostolica di gruppo, la "Compagnia dell'Immacolata"
A causa della sua salute cagionevole fu però costretto a lasciare il collegio di Torino dove studiava e morì, a Mondonio, a soli 15 anni, il 9 marzo 1857. E' sepolto nella Basilica di Maria Ausiliatrice dove ancora oggi si venerano i suoi resti mortali.
È stato beatificato il 5 marzo del 1950 e canonizzato da Papa Pio XII il 12 giugno 1954.
La sua Festa si celebra il 6 Maggio. E' patrono dei "Pueri cantores" (piccoli cantori).
San Tarcisio
Martire del III secolo
Il nome del Martire non era Tarcisio, ma Tarsicio, che vuol dire «di Tarso», cioè della città della Cilicia, nella quale era nato l'Apostolo San Paolo.
Di San Tarcisio parla una sola fonte autorevole: il Papa Damaso, il poeta delle Catacombe, vissuto nella seconda metà del IV secolo.
Dopo averlo paragonato a Santo Stefano Protomartire, lapidato dagli Ebrei di Gerusalemme, come San Tarcisio fu lapidato dai pagani di Roma, l'iscrizione del Papa Damaso dice: «Tarcisio portava i misteri di Cristo, quando una mano criminale tentò di profanarli. Egli preferì lasciarsi massacrare, piuttosto che consegnare ai cani arrabbiati il corpo del Signore».
Nella breve iscrizione c'è dunque quanto basta per giustificare la gloria e la singolarità di questo Martire, eroicamente fedele al suo dovere, che era quello di impedire ai «cani arrabbiati» di profanare quei misteri nei quali egli credeva, con certa fede, la presenza del corpo e del sangue del Signore.
Mancano però, nell'iscrizione, quei suggestivi particolari sul conto del Martire che furono aggiunti dopo, anzi molto dopo, perché la devozione di questo Santo presenta un'altra singolarità: quella di essere rifiorita a distanza di secoli, dopo un lungo periodo di dimenticanza attraverso i secoli del Medioevo. E rifiorì, precisamente, con il risveglio del culto dei Sacramenti, cioè all'alba dei tempi moderni.
In un'epoca ancora più vicina, nuova popolarità si è aggiunta alla figura di San Tarcisio grazie ad un uomo di lettere, oltre che di Chiesa, e cioè il Cardinale Wiseman, autore di Fabiola, il fortunatissimo romanzo sulla «Chiesa delle Catacombe», in cui Tarcisio appare come un fanciullo forte e consapevole.
Ma della giovanissima età del martire non si fa cenno, come abbiamo visto, nell'iscrizione di Papa Damaso, unico documento antico di quel martirio. Probabilmente Tarcisio, come Stefano, era un diacono della Chiesa di Roma. Tra i compiti dei diaconi c'era infatti anche quello di distribuire ai fedeli l'Eucarestia, consacrata dai sacerdoti.
C'è un altro particolare suggestivo che appare nelle moderne rievocazioni di San Tarcisio e del suo martirio: quello dell'Ostia rimasta impressa sulla carne del giovane Martire come un sigillo di fedeltà e di purezza.
E infatti, il Martirologio Romano, compilato più di mille anni dopo, precisa che sul cadavere del Santo Martire «non fu ritrovato niente del Sacramento, né in mano né tra le vesti». Per spiegare tale prodigiosa sparizione la fantasia devota immaginò che la particola consacrata, strenuamente difesa dal Martire, fosse diventata carne della sua carne, formando così, con lui, un'unica ostia immacolata.